Monopolio nel settore pubblicitario, il Dipartimento di Giustizia fa causa a Google

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Monopolio nel settore pubblicitario, il Dipartimento di Giustizia fa causa a Google

Google ha “sovvertito la concorrenza nelle tecnologie pubblicitarie su Internet“. È questa l’accusa mossa alla casa di Mountain View dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti insieme ai procuratori generali di California, Colorado, Connecticut, New Jersey, New York, Rhode Island, Tennessee e Virginia.

Acquisizioni seriali e manipolazione anticoncorrenziale delle aste avrebbero portato Google a “monopolizzare diversi prodotti tecnologici per il digital advertising” da cui dipendono gli editori dei siti web per vendere annunci e su cui gli inserzionisti fanno affidamento per acquistare annunci e raggiungere potenziali clienti.

Una condotta tenuta negli ultimi 15 anni e che avrebbe portato Google a controllare tutta la filiera della pubblicità online. Per questo motivo il Dipartimento di Giustizia richiede che la casa di Mountain View venda alcune attività nel campo pubblicitario, separandole così dal resto della piattaforma, oltre a un equo risarcimento per conto del pubblico americano”.

“Come risultato del suo monopolio illegale, e secondo le sue stesse stime, Google intasca in media oltre il 30% dei dollari che fluiscono attraverso i suoi prodotti di tecnologia pubblicitaria digitale”, afferma il DOJ. “Per alcune transazioni e per alcuni editori e inserzionisti ci vuole molto di più. La condotta anticoncorrenziale di Google ha soppresso le tecnologie alternative, ostacolandone l’adozione da parte di editori, inserzionisti e rivali“.

In casa Google, inutile dirlo, non ci stanno. “La causa del Dipartimento di Giustizia tenta di scegliere vincitori e vinti nel settore altamente competitivo della tecnologia pubblicitaria”, ha dichiarato Dan Taylor, vicepresidente per la pubblicità globale. “In buona parte duplica una causa infondata del procuratore generale del Texas, gran parte della quale è stata recentemente archiviata da un tribunale federale”.

La tesi di Taylor è che il mercato pubblicitario non è affatto nelle mani di Google, ma è vasto e pieno di concorrenti. “Siamo una delle centinaia di aziende che consentono il posizionamento di annunci su Internet”, prosegue il responsabile citando vari esempi. Il primo è quello di Microsoft e la sua acquisizione di Xandr, una società che offre uno stack di tecnologie completo come Google, tanto da permettere alla casa di Redmond di siglare un accordo con Netflix. E poi ci sono Amazon, Meta, TikTok e Apple, tutte realtà che stanno crescendo rapidamente nel settore pubblicitario.

Secondo Google, le richieste del Dipartimento di Giustizia vanno proprio nella direzione opposta di una maggiore competizione e rallenterebbero l’innovazione, aumenterebbero i costi pubblicitari e “renderebbero più difficile la crescita di migliaia di piccole imprese ed editori”.

Fonte: http://feeds.hwupgrade.it/

 

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