La difficile strada della produzione dei chip del futuro, anche in Italia

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La difficile strada della produzione dei chip del futuro, anche in Italia

Il mercato dei semiconduttori è da tempo al centro delle discussioni nel settore dell’elettronica di consumo e più in generale di tutto quello che riguarda il mondo dell’innovazione e della tecnologia. E ben evidente come la domanda di prodotti tecnologici sia aumentata nel corso degli ultimi anni, portando nei tempi più più recenti a una ridotta disponibilità per alcuni di essi a fronte di una richiesta sempre più sostenuta di utenti e aziende.

Si può pensare che questo picco di domanda sia stagionale, legato alle nuove dinamiche di vita che la pandemia da COVID-19 ha messo in atto. Leggere tutto con l’unica chiave di lettura della pandemia sarebbe però profondamente sbagliato, in quanto andremmo ad omettere la naturale evoluzione del mercato.

Il numero dei prodotti in commercio che integrano al proprio interno, per le più svariate ragioni, dei componenti di silicio è in continuo aumento da molti anni a questa parte e tale dinamica è destinata a continuare a svilupparsi. Ci muoviamo, detto in altro modo, verso un futuro che vedrà la domanda di semiconduttori in continuo aumento con la necessità di pianificare la produzione in modo bilanciato e sostenibile.

Da questo nasce la più grande sfida alla quale sono chiamate tutte le aziende che producono prodotti di tecnologia: fare in modo che la produzione di chip sia sempre adeguata alla domanda, evitando che si possano presentare in futuro dinamiche come quella attuale dove la produzione è numericamente inferiore alla domanda.

E’ bene però ricordare che la produzione dei chip contenuti nei più svariati prodotti, dagli smartphone alle automobili passando ai prodotti di smart home presenti nelle nostre abitazioni, non è effettuata da quelle aziende che questi prodotti commercializzano. Si tratta infatti di tecnologia molto sofisticata, accessibile solo a poche aziende conosciute come foundry player o fonderie. Sono queste che producono i wafer, quei dischi dai quali vengono estratti i singoli chip inseriti nei prodotti in commercio. Una volta costruiti i chip verranno poi montati in un package, che sarà poi il componente finale acquistato dai produttori di prodotti di elettronica di consumo che richiedono quella specifica tecnologia.

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I chip sono prodotti con tecnologie produttive, e complessità a queste legate, che sono molto diverse. In genere si tende a utilizzare la tecnologia produttiva in nanometri quale metro per indicare la complessità di un chip, valore che incrementa al diminuire della misura in nanometri. A parità di tecnologia produttiva un chip più grande come superficie integra un maggior quantitativo di transistor e questo ne determina una superiore complessità della costruzione.

Non sono solo i chip più complessi quelli che il mercato richiede; per moltissimi impieghi la domanda è di chip che sono costruiti con processi considerati più che maturi, in produzione da molti anni e per questo motivo meno problematici quanto a costi. Non quanto a volumi, però: le principali difficoltà di approvvigionamento di chip di questi ultimi anni sono state legate proprio a chip costruiti con processi maturi e per questo motivo considerati meno problematici, per i quali i produttori non sono stati capaci di garantire volumi adeguati alla domanda.

Molti prodotti in forte shortage sono in questa condizione proprio a motivo della ridotta disponibilità di chip costruiti con tecnologie ormai sul mercato da tempo. Questa dinamica si è vista molto bene nel settore dell’automotive, con le linee produttive dei veicoli limitate proprio dalla mancanza di chip non allo stato dell’arte quanto a tecnologia produttiva utilizzata.

La produzione di chip a livello mondiale è quindi insufficiente a far fronte alla domanda di mercato, domanda che è comunque destinata a crescere vista l’evoluzione naturale della tecnologia. Chi costruisce i chip sono poche aziende al mondo, più o meno specializzate nelle differenti tipologie di tecnologie produttive a disposizione: si contano sulle dita di una mano (Intel, TSMC e Samsung) quelle che si spingono allo stato dell’arte, producendo ad un livello di complessità che è ad esempio richiesto per i SOC degli smartphone, per i processori dei PC e per le GPU delle schede video. Un po’ tutte utilizzano però linee produttive ormai mature, che sono tutt’altro che impiegate marginalmente in quanto sfruttate per la produzione di elevati volumi di chip ben più semplici di quelli allo stato dell’arte ma fondamentali per assicurare la produzione di moltissimi prodotti.

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In presenza di una forte domanda di mercato di chip la risposta che si può pensare è semplice e immediata: costruire più fabbriche. Corretto, peccato che la cosa non sia così semplice come appaia. La costruzione di una nuova fabbrica per la produzione di semiconduttori richiede investimenti consistenti, con cifre che vanno da 6 a 15 miliardi di Euro a seconda del tipo di tecnologia adottata e delle dimensioni, con tempi tecnici di costruzione e messa in produzione che si misurano in anni. La strategia di costruire nuove fabbriche produttive di semiconduttori per far fronte all’eccesso di domanda è quindi corretta, ma non è di certo di breve periodo.

C’è inoltre da valutate quale tecnologia produttiva sia il caso di adottare per una nuova fabbrica e non è detto che quella più evoluta disponibile al momento si riveli essere quella corretta per far fronte con successo ad una produzione di mercato inferiore alla domanda. Spetta alle aziende impegnate nel settore da tempo tale scelta, bilanciando processi più maturi e standardizzati con l’evoluzione tecnologica che punta verso tecnologie produttive sempre più sofisticate, senza dimenticare che le fabbriche più evolute sono anche quelle che costano di più in fase di realizzazione.

C’è poi una componente geografica ben chiara, con Europa e USA che reclamano la necessità di avere proprie fabbriche per la produzione di semiconduttori sul loro territorio nazionale così da essere meno dipendenti da dinamiche geopolitiche. Da questo la ricerca di incentivi economici che possano portare un’azienda a decidere della costruzione di una nuova fabbrica in una specifica regione piuttosto che un’altra. Quello che è certo è che vedremo la maggior espansione futura delle sedi produttive lontano da Taiwan e in generale dall’Asia, proprio per la volontà del governo americano e dell’Unione Europea di dotarsi di capacità produttiva di semiconduttori nei propri territori.

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Nel breve periodo, sicuramente per tutto il 2022, il mercato dei semiconduttori sarà ancora caratterizzato da una notevole pressione con le aziende produttrici impegnate a sfruttare al massimo le proprie capacità ponendo al contempo le basi per lo sviluppo futuro di nuove sedi produttive. Quest’ultimo percorso è in corso da tempo ma ci vorrà ancora non poco prima che le nuove sedi produttive possano contribuire alla produzione globale di chip.

L’evoluzione della tecnologia e del mercato non farà che espandere la domanda di semiconduttori, che resterà probabilmente oltre la capacità produttiva almeno sino a quando le nuove fabbriche non entreranno in piena produzione. USA e Unione Europea saranno capaci di ottenere una produzione di semiconduttori diretta nei propri territori, riducendo ma di certo non annullando la dipendenza dalle fonderie asiatiche che al momento sono responsabili della stragrande maggioranza della produzione mondiale.

C’è un futuro anche per l’Italia quale produttore di semiconduttori? Le discussioni di questi ultimi giorni puntano nella direzione di una presenza di aziende produttrici anche nella nostra nazione, ma ancora non è chiaro in che forma. potrebbe trattarsi di una fonderia oppure di una sede dedicata al packaging dei chip, cioè a quella serie di operazioni che permettono di installare il componente di silicio proveniente dal wafer nel pacchetto che diventerà prodotto finale.

Alla luce di quanto spiegato in questo articolo si comprende come la risposta a tale domanda richieda l’analisi di numerosi elementi tecnici, la valutazione di scelte strategiche legate al tipo di tecnologia produttiva da adottare e in ultima analisi capire quanto sia l’investimento privato dei produttori. A questo si affianca il tema degli incentivi, diretti e indiretti, che possono essere messi a disposizione dal governo e dalle singole regioni coinvolte. E’ indubbio che una forte presenza nazionale nel futuro dei semiconduttori rappresenti una opportunità importante per la nostra nazione, non solo per i posti di lavoro che saranno creati in queste sedi produttive ma più in generale per la competitività delle aziende italiane nel complesso e in forte crescita contesto tecnologico.

Fonte: http://feeds.hwupgrade.it/

 

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