La Cina si schiera contro il phase out dal fossile alla Cop 28 ‘E’ irrealistico’

“L’eliminazione completa dei combustibili fossili non è realistica“ ha affermato senza mezzi termini il massimo funzionario cinese sul clima, Xie Zhenhua, aggiungendo che metano, petrolio e carbone giocheranno ancora un ruolo importante, se non addirittura vitale, per la sicurezza energetica globale.
Al netto del loro essere clima-alteranti e di stare, letteralmente, soffocando il Pianeta.
La Cina, che in questi ultimi anni è al contempo sia il più grande consumatore mondiale di combustibili fossili sia la nazione che sta maggiormente investendo nelle rinnovabili, tramite le parole di Xie Zhenhua ha gelato chiunque custodisse speranze ed aspettative riguardo quanto verrà deciso durante la Cop28 (Dubai, 30/11/2023 – 12/12/2023).
Le affermazioni dell’inviato speciale per il clima cinese hanno dato un assist incredibile a tutti gli scettici riguardo la crescita delle rinnovabili e i futuri sviluppi di tecnologie legate non solo alle FER ma anche ai sistemi di stoccaggio energetico.
Durante il suo intervento tenutosi a Pechino giovedì scorso (di cui Reuters ha ottenuto copia del testo del discorso e una registrazione video), Xie ha giustificato la posizione di Pechino rispolverando due cavalli di battaglia “storici” di chi diffida delle fonti di energia rinnovabile:
la natura intermittente delle FER e l’immaturità delle tecnologie di stoccaggio dell’energia.
“Non è realistico eliminare completamente combustibili fossili dal mix energetico, loro dovrebbero fungere da fonte di energia flessibile e di riserva fintanto che tecnologie come lo stoccaggio di energia su larga scala, la trasmissione di energia elettrica, le reti intelligenti e le microreti non siano ancora completamente mature”, ha concluso Xie, invitando la comunità internazionale a valutare anche altri sistemi per ridurre la CO2 presente – al momento in dosi eccessive – nell’atmosfera terrestre, quali la CCS (Carbon Capture&Storage, Cattura e Stoccaggio della CO2).
Non è la prima volta la Cina cerca di ridimensionare gli obiettivi di taglio all’utilizzo del fossile e alle emissioni di anidride carbonica, anche a livello lessicale: nel 2021, in occasione dalla Cop26 di Glasgow, il governo cinese cercò di cambiare il linguaggio dell’accordo finale passando da “phase out” a “phase down” riguardo l’uso di combustibili fossili.
Si tratta di una sfumatura di significato che in italiano si fatica a rendere per intero, perché entrambe le espressioni possono essere tradotte con “eliminazione graduale”: a voler essere particolarmente pignoli, “phase out” indica un moto a luogo, quindi un’uscita, mentre “phase down” un calo, una riduzione.
Dallo stesso parere di Xie è anche Sultan al-Jaber, al vertice sia della Cop28 sia dell’ADNOC, la compagnia nazionale degli idrocarburi degli Emirati Arabi.
La parole lapidarie della Cina non hanno però fermato la voce dell’Europa, salda del voler stabilire impegni precisi contro il surriscaldamento del Pianeta, o quella di Antonio Guterres, il numero uno delle Nazioni Unite, che questa settimana ha ribadito che i paesi del G20, da cui dipendono l’80% delle emissioni globali, “devono rompere la loro dipendenza dai combustibili fossili, fermare la nuova estrazione di carbone e tenere conto delle conclusioni dell’Agenzia internazionale per l’energia secondo cui le nuove licenze per petrolio e gas da parte loro sono incompatibili con il mantenimento in vita del limite di 1,5 gradi”.
Anche Cristiana Figueres, una degli architetti dell’Accordo di Parigi, ha affermato di aver “perso la pazienza con le compagnie fossili” perché rallentano la transizione verso un mondo senza fossile.
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