Cina, in arrivo 143 miliardi di dollari per supportare il settore dei semiconduttori locale

Another ICT Guy

Cina, in arrivo 143 miliardi di dollari per supportare il settore dei semiconduttori locale

Messa all’angolo dalle manovre statunitensi sulle esportazioni tecnologiche, la Cina sarebbe pronta a mettere sul piatto un pacchetto di supporto all’industria dei semiconduttori locale da 143 miliardi di dollari. La cifra, quasi tre volte superiore al CHIPS and Science Act statunitense (52 miliardi di dollari), è stata svelata da Reuters, entrata a conoscenza dei dettagli del piano di Pechino.

Si tratterà di uno dei più grandi pacchetti di incentivi fiscali mai lanciati dalla Cina, una somma che verrà stanziata in cinque anni principalmente sotto forma di sussidi e crediti d’imposta per rafforzare la produzione di semiconduttori e le attività di ricerca in patria.

Il piano dovrebbe iniziare a trovare attuazione sin dal primo trimestre del prossimo anno, secondo le confessioni di due fonti. La maggior parte dello stanziamento verrebbe usata per sostenere la messa in opera di nuovi impianti produttivi tramite l’acquisto di macchinari per la produzione di chip sviluppati in patria. Le società avrebbero diritto a un sussidio del 20% sul prezzo degli acquisti, affermano le tre fonti.

I beneficiari della somma saranno sia imprese statali che private del settore, in particolare aziende che sviluppano macchinari e tecnologie per produrre semiconduttori come NAURA Technology Group, Advanced Micro-Fabrication Equipment Inc China e Kingsemi.

Raggiungere l’autosufficienza tecnologica è uno degli obiettivi principali del presidente Xi Jinping, come indicato durante il Congresso del Partito Comunista di ottobre. Il termine “tecnologia” nel suo discorso ricorse ben 40 volte, rispetto alle 17 volte del congresso del 2017.

Le sanzioni statunitensi decise a ottobre impediscono a molte realtà hi-tech USA e non solo di rifornire realtà cinesi come YMTC e SMIC di macchinari e tecnologie fondamentali per la produzione avanzata di chip. Gli USA citano la sicurezza nazionale come motivazione per queste azioni, giocando sui rapporti spesso opachi delle società cinesi con l’apparato militare di Pechino, ma in realtà c’è anche la volontà di frenare la rincorsa tecnologica della superpotenza asiatica, impedendole di ottenere le tecnologie necessarie per la produzione con processi produttivi avanzati, ovvero sotto i 16/14 nm.

Inoltre sono stati messi paletti sull’esportazione di processori e acceleratori di IA dotati di determinate caratteristiche o una certa potenza. È delle scorse ore la voce secondo cui, proprio a causa delle norme applicate da USA e UK, ARM avrebbe desistito dal concedere in licenza le sue ultime architetture ad Alibaba. Proprio per questi motivi la Cina ha avviato una disputa commerciale presso l’Organizzazione mondiale del commercio contro gli Stati Uniti.

Nel frattempo, anche la Cina sembrerebbe aver applicato delle restrizioni commerciali. Come riportato dal quotidiano russo Kommersant, Pechino avrebbe vietato l’esportazione di processori Loongson basati sull’architettura LoongArch alla Federazione Russa. La decisione sarebbe stata motivata con l’importanza strategica della tecnologia e il suo impiego nel complesso militare-industriale. Il divieto di esportazione sarebbe generale, ma al momento starebbe colpendo in particolare la Russia.

Presa di mira dalle sanzioni occidentali, la Russia aveva riposto le proprie speranze nelle soluzioni cinesi per compensare, almeno in parte, la perdita di processori di AMD e Intel. Dallo scoppio della guerra russo-ucraina le CPU a stelle e strisce non sono più commercializzate in Russia, se non tramite l’importazione parallela.

Fonte: http://feeds.hwupgrade.it/

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *