Dalla Danimarca una piccola rivoluzione per i computer quantistici: una possibile soluzione alla misurazione dei qubit

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Dalla Danimarca una piccola rivoluzione per i computer quantistici: una possibile soluzione alla misurazione dei qubit

La ricerca volta allo sviluppo dei computer quantistici si è finora concentrata sull’aumento del numero di quibt al loro interno, ma una nuova ricerca dell’Università di Copenhagen mostra come sia possibile aumentare la potenza di calcolo dei dispositivi anche migliorando le tecniche di manipolazione dei qubit per aumentare il parallelismo.

Un enorme passo avanti per i computer quantistici dall’Università di Copenhagen

I computer quantistici funzionano in maniera piuttosto diversa dai computer tradizionali: questi ultimi usano infatti l’architettura di Von Neumann, per quanto rivista e adattata all’evoluzione tecnologica, che prevede che il processore elabori i dati e li conservi poi in RAM. Nei computer quantistici non esiste questa distinzione e l’elaborazione avviene di fatto sui dati stessi, senza dunque una netta distinzione tra CPU e RAM.

Il problema è che finora i ricercatori e i produttori di computer quantistici non hanno trovato un modo per aggirare alcuni dei problemi intrinsechi alla natura quantistica di questi oggetti: per via del funzionamento stesso della materia a livello sub-atomico, l’osservazione di un oggetto quantistico porta infatti alla sua modifica, come stabilito dal principio di indeterminazione di Heisenberg.

Per raccogliere i risultati dei calcoli è però necessario effettuare delle misurazioni sui qubit, fatto che porta a cambiarne lo stato e, dunque, a perdere i risultati stessi dopo la misurazione. Un problema particolarmente spinoso, se pensiamo che finora molte delle tecnologie per la costruzione di computer quantistici permettono di misurare un solo qubit alla volta, perdendo così tutte le informazioni contenute negli altri.

Lo studio dell’Università di Copenhagen è stato effettuato sui cosiddetti “spin qubit”, ovvero qubit che consistono nello spin di elettroni intrappolati in nanostrutture presenti in chip di arseniuro di gallio e chiamate “quantum dot”. Si tratta di oggetti concettualmente non troppo lontani da quelli usati in alcuni televisori moderni, per quanto adoperati in maniera fondamentalmente differente. Il vantaggio degli spin qubit è che mantengono il proprio stato quantistico più a lungo di molte tecnologie alternative e sono prodotti con le tecniche familiari dell’industria dei semiconduttori, per quanto in questo caso con un materiale differente.

La novità interessante ottenuta dagli autori dello studio, tra cui figura il giovanissimo italiano Federico Fedele, è che è possibile superare la limitazione attuale sulla possibilità di far funzionare e contemporaneamente misurare i qubit. Al termine dei calcoli, dunque, la misurazione dei risultati non porta al collasso del sistema, con la conseguente perdita del suo stato: tutti i qubit vengono misurati nello stesso momento, cosa che permette di “salvare” il loro stato e di riprendere i calcoli da quel punto.

“La cosa nuova e veramente significativa del nostro chip è che possiamo simultaneamente controllare e misurare tutti i qubit. Questa cosa non è mai stata dimostrata prima per gli spin qubit o per molti altri tipi di qubit”, dice Anasua Chatterjee, uno degli autori. Il professor Kuemmeth, che ha diretto la ricerca, ha affermato che “per ottenere processori quantistici più potenti, dobbiamo non solo incrementare il numero diqubit, ma anche il numero di operazioni simultanee, che è esattamente ciò che abbiamo fatto.”

Al momento il chip richiede un forte intervento umano: il controllo avviene tramite 48 elettrodi che devono essere attivati e manipolati costantemente e continuamente da un operatore per mantenere il sistema entro precisi parametri. Il gruppo di ricerca punta ora dunque a sviluppare, con l’ausilio di tecniche di intelligenza artificiale, un modo per automatizzare questo processo e rendere il computer quantistico maggiormente indipendente.

È interessante vedere come anche l’Europa si stia muovendo nel campo dei computer quantistici e che stia riuscendo a ottenere risultati all’avanguardia. Il risultato del gruppo di ricerca danese è infatti uno dei molti traguardi significativi raggiunti da ricercatori e aziende europei, con il primo computer quantistico europeo lanciato qualche mese fa da Pasqal. Con Cina e Stati Uniti che dominano il panorama tecnologico, lo sviluppo di tecnologie europee non può che essere vantaggioso per il Vecchio Continente.

Fonte: http://feeds.hwupgrade.it/

 

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